sara turettaGEAPRESS – Dopo questi giorni convulsi e drammatici sento la necessità di fare chiarezza su una serie di aspetti che la comunicazione frammentata dei social media non consente di mettere a fuoco. Ho la fortuna, infatti, dopo 12 anni di impegno per gli animali in quel paese, di avere un osservatorio privilegiato da cui analizzare quanto sta accadendo, e lo vorrei condividere con voi.

Alcuni aspetti della mia analisi riguardano il contesto in cui è maturata la nuova legge approvata l’altro ieri dal Parlamento rumeno (randagi tutti condannati a morte dopo 14 giorni), altri invece riguardano le ragioni che spingono la mia associazione a fare scelte strategiche ben precise in questo frangente così difficile.

Prima di tutto va ricordata una cosa: i cani, in Romania, sono sempre stati ammazzati, anche dopo la Legge 9 del 2008 che vietava le eutanasie. Quella legge quadro, infatti, non è mai stata declinata nelle sue norme di applicazione, e ha lasciato sostanzialmente nel limbo la materia offrendo la possibilità ai sindaci di fare il bello e il brutto tempo. Alcuni hanno continuato ad ispirarsi all’Ordinanza 155 del 2001 (si ammazzano tutti dopo 7 giorni, come a Costanza), altri hanno sospeso qualsiasi attività per timore di denunce, lasciando che i cani si riproducessero, altri hanno lavorato bene con associazioni come la nostra (pochissimi). E’ perciò evidente che ci sia stata la volontà politica di fermare la legge in Commissione, bloccandola senza motivo per due anni in attesa del momento propizio per il colpo di mano.

Quella legge così civile, nella realtà, venne approvata in un altro momento di “emotività collettiva”, e cioè nel 2008, dopo una serie di casi terribili di maltrattamento a danno di cavalli che avevano riempito i TG rumeni e scandalizzato l’opinione pubblica. La legge quadro sulla protezione animale (in cui venne “infilata” la norma contro le eutanasie) fu approvata all’unanimità sull’onda di quei fatti, con nessuna consapevolezza da parte dei Parlamentari rumeni dell’impatto che avrebbe avuto sul tema randagismo. Fatta la frittata – ed essendo da sempre la maggioranza del Parlamento pro-uccisioni – si è volutamente bloccata la legge per due anni in Commissione, aspettando che ci fosse di nuovo un clima favorevole (leggi: un’altra ondata emotiva) per fare un emendamento sulle eutanasie.
Ecco come sono andate le cose.  Purtroppo le associazioni (noi compresi) non sono riuscite in questo lasso di tempo a trovare una sponda tra i deputati dei partiti di maggioranza per ottenere che quella legge venisse declinata secondo le nostre proposte, che prevedevano sterilizzazione obbligatoria di cani randagi e privati, chippatura e identificazione dei cani di proprietà, sanzioni pesanti per chi abbandona, controllo rigido degli allevamenti e loro regolamentazione.

Ora: come commentare l’ipocrisia dei governanti e delle autorità, che dal 2008 al 2013 non hanno intrapreso alcuna azione per contrastare davvero il randagismo, pur spendendo cifre spaventose su questo capitolo? Come giudicare i giornalisti rumeni che gridano al “fallimento delle sterilizzazioni” sapendo perfettamente che esse non sono state fatte su larga scala, ma spot, e solo in alcune località, senza un piano nazionale serio e strutturato? Come giudicare le europarlamentari rumene che a Bruxelles si fanno paladine dei diritti degli animali e a Bucarest se ne stanno zitte zitte, pur avendo grande potere nei partiti al Governo? A voi le ovvie risposte.

In tutto questo, Save the Dogs (l’associazione che probabilmente in Romania spende più fondi di tutti e ha il progetto più articolato e duraturo) riceve migliaia di sollecitazioni in questi giorni a “fare” delle cose.
Chi ci conosce sa che siamo sempre stati in prima linea e che tutte le nostre energie – in Italia e in Romania – vanno alla causa dei cani rumeni. Siamo nati per questo, nel 2002, e a questo ci dedicheremo finchè donatori generosi ci daranno le risorse per farlo.  Detto questo, vediamo che la rete ci chiede sempre le stesse cose: di firmare petizioni e di mandare e-mails di protesta. Ma nessuno si chiede perché non abbiamo chiesto ai nostri sostenitori di fare queste due cose nei giorni scorsi? In altri momenti si, lo abbiamo chiesto, ma le petizioni e le e-mails non sono la panacea di tutti i mali, una medicina buona per tutte le stagioni. Gli strumenti che la rete mette a disposizione vanno utilizzati nei modi e nei tempi opportuni e secondo noi – per come si sono svolte le cose questa settimana e per lo storico di questa vicenda – le petizioni e le e-mails sono INUTILI. Certo, molte associazioni assecondano questa richiesta accontentano il pubblico e vengono applaudite per le loro iniziative. Ma Save the Dogs non è così: Save the Dogs è un’associazione seria, che non lavora solo sulla rete, ma che ha contatti politici, diplomatici, una rete di rapporti internazionali. Facciamo tante cose spesso senza tam tam pubblicitario, nel silenzio degli uffici, e chi ci conosce sa con quale dedizione ed impegno.

In queste ore si sta lavorando ad un ricorso alla Corte Costituzionale, insieme alla Federazione rumena, per chiedere la revisione della legge. Ci preoccupiamo di gestire i rapporti a livello locale, dove abbiamo speso risorse ed energie immense e non vogliamo distruggere il lavoro fatto dal 2002. Si stanno attivando alcune persone a Bruxelles. Ma non possiamo elencarvi tutto, sia perché non è bene rendere pubbliche tutte le mosse, ma anche perché manca fisicamente il tempo per informare tutti su tutto. Non siamo una grande associazione, siamo una associazione di medie dimensioni che lotta per far tornare i conti a fine mese, la nostra (buona) reputazione è maggiore di quante non siano le nostre risorse economiche e – credetemi – ci stiamo facendo in quattro per fermare quanto sta accadendo. Però vi chiediamo fiducia, e vi diciamo ancora una volta che aiutare noi significa aiutare i randagi rumeni, anche se magari inviare una mail o firmare una petizione vi da più soddisfazione. Le cose da fare sono queste: far conoscere il più possibile quanto sta accadendo, sollecitare i media italiani a parlarne e donare anche piccole cifre a noi affinchè la nostra azione sia sempre più forte e incisiva e ci siano i fondi per andare avanti.

Infine, l’Europa, a cui tutti continuano a fare appello come se fosse la “chioccia” in grado di risolvere tutti i drammi dei paesi membri. E’ importante capire come funziona la UE prima di scandalizzarsi di fronte ad un mancato intervento, altrimenti facciamo discorsi da bar.
E’ vero, la Romania ha ratificato nel 2005 la Convenzione Europea per i Diritti degli Animali da Compagnia, un documento NON VINCOLANTE che però dovrebbe ispirare le leggi nazionali. E’ vero, la Dichiarazione Scritta 26/2011 chiede che alla Commissione Europea (un altro organo) di regolamentare il randagismo in modo armonico, di introdurre l’identificazione obbligatoria etc. ma la Commissione non ha ancora legiferato! NON ESISTE UNA DIRETTIVA EUROPEA SUL RANDAGISMO E SUGLI ANIMALI DA COMPAGNIA CHE POSSA COSTRINGERE LA ROMANIA AD ESCLUDERE L’EUTANASIA.

Ci sono documenti ufficiali che dicono che l’eutanasia va considerato un estremo rimedio, l’ultima spiaggia, e che non serve a contenere il randagismo, e a questi documenti la Romania dovrebbe ispirarsi. Ma nessuno – RIPETO: NESSUNO – può costringere il Governo rumeno a fare leggi specifiche sulla gestione del randagismo, perché il quadro giuridico non lo permette. Chi ha seguito in questi giorni ha visto che l’Intergruppo (cioè quel gruppo di lavoro composto da vari europarlamentari che sviluppano, discutono e fanno proposte su un tema specifico) per il Benessere e la Conservazione degli Animali hanno scritto al presidente Basescu, ma senza effetto. Non possono fare più di questo!

Da circa 5 anni si lavora a Bruxelles per ottenere una Direttiva Europea, le cose si muovono ma molto lentamente. Sono certa che si arriverà ad una regolamentazione della materia ma non aspettatevi che l’Europa dica: NO ALL’EUTANASIA tout court. Sicuramente verrà prevista in casi specifici, ma sicuramente non come metodo di contenimento dei randagi, perché ha già mostrato di fallire in questo. Detto questo, chiedere l’uscita della Romania dall’Europa è solo uno slogan ad effetto  ma sarebbe una follia se avvenisse davvero, perché l’unica speranza di accelerare un processo di modernizzazione della Romania sul tema degli animali è tenerla in Europa. Sarà proprio l’Europa infatti a costringerla – presto o tardi – a fare scelte diverse sul randagismo, perché se dovessimo aspettare un cambiamento della mentalità, passerebbero almeno 20 anni. E’ bene che la Romania resti in Europa e che si faccia pressione affinché cambi rotta sugli animali.

Sara Turetta

Presidente di Save the Dogs and other Animals
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