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Cimurro nel cane: cos’è, come si trasmette e qual è il legame con il randagismo

Il cimurro è una malattia infettiva che colpisce soprattutto i cuccioli di cane. Si trasmette per via aerea e attacca l’apparato respiratorio. Nella maggior parte dei casi provoca la morte.

cane in gabbia di isolamento per cimurro

Il cimurro è una malattia infettiva ad alta mortalità che colpisce principalmente i cuccioli di cane. Si trasmette per via aerea o tramite il contatto con saliva, feci o urine dei soggetti infetti. A metà aprile 2023, è scoppiata una grave epidemia di cimurro a Cernavoda, in Romania, città dove operiamo da vent’anni con progetti di lotta al randagismo e sensibilizzazione della popolazione locale.

Un’epidemia che si è diffusa velocemente proprio a causa dell’elevato numero di cani che ci sono sulle strade e aggravata da decenni di gestione irresponsabile del randagismo da parte delle autorità.

Cos’è il cimurro

Il cimurro è una malattia infettiva causata da un virus che colpisce i tutti i canidi, come la volpe e il lupo e non solo i cani. Il virus del cimurro è presente in tutto il mondo senza variazioni stagionali.

Nei cani che non sono coperti da vaccinazione ha un tasso di mortalità dell’80%.

Come si trasmette il cimurro

Il cimurro colpisce soprattutto i cani più giovani, di un’età compresa tra i 3 e i 6 mesi e si trasmette per via aerea o tramite la saliva, le feci e le urine. Non può essere trasmessa agli esseri umani.

I sintomi del cimurro nel cane

Il virus ha un tempo di incubazione di circa 3-7 giorni e i sintomi compaiono dopo circa una settimana.

I sintomi principali sono:

  • tosse
  • difficoltà respiratorie con possibili complicazioni bronco-polmonari
  • congiuntivite
  • febbre
  • vomito
  • diarrea
  • inappetenza

Nei casi più gravi i soggetti colpiti possono presentare anche sintomi neurologici come convulsioni e iperattività.

I sintomi del cimurro

Come si cura il cimurro nel cane

Ad oggi, non esiste una cura per il cimurro. Si può agire solamente sui sintomi della malattia, ad esempio somministrando fluidi in caso di disidratazione o antibiotici per evitare infezioni batteriche.

Avendo un tasso di mortalità dell’80%, la maggior parte degli animali che la contrae, non sopravvive. Per questo, i soggetti infetti devono essere tenuti in isolamento.

L’unica forma efficace di prevenzione è il vaccino, che in Italia figura tra quelli altamente consigliati.

Cimurro e randagismo: il caso dell’epidemia di Cernavoda, in Romania

Da metà aprile la città di Cernavoda, in Romania, è stata colpita da una grave epidemia di cimurro, la peggiore degli ultimi anni. Il virus si è diffuso così velocemente a causa di una serie di fattori: l’elevato numero di animali che vagano liberi sulle strade, unito al picco della stagione delle cucciolate e all’alta trasmissibilità della malattia, hanno creato le condizioni perfette per la sua diffusione.

Ma epidemia come questa sono anche una drammatica conseguenza della gestione miope del randagismo da parte delle autorità, una lotta che portiamo avanti da oltre vent’anni.

Emergenza cimurro a Cernavoda. Cosa stiamo facendo per contrastare l’epidemia

Vaccino per il cimurro

Mancano campagne di sterilizzazione e vaccinazione dei cani randagi

A Cernavoda, così come in altre città della Romania, l’amministrazione comunale si è sempre rifiutata di implementare campagne di sterilizzazione e vaccinazione degli animali su larga scala, uniche misure davvero efficaci per combattere il randagismo e per prevenire la diffusione di malattie.

Al contrario, questi problemi sono sempre stati gestiti con soluzioni brutali e totalmente inefficaci. La municipalità preferisce ingaggiare periodicamente dei dog catchers, ossia degli accalappiacani, per catturare in maniera del tutto casuale gli animali presenti sulle strade. Una volta catturati i cani vengono portati in canili pubblici dove, se non reclamati da nessuno nei successivi 15 giorni, vengono soppressi.

In queste strutture mancano le basilari norme di benessere: gli animali vivono in condizioni di sovraffollamento e enorme stress, spesso ammassati in gabbie fatiscenti, costretti a stare tra i loro stessi escrementi. Non a caso in queste strutture circolano ancora le principali malattie infettive che spesso mietono vittime ben prima dei 15 giorni di permanenza massima.

Canili pubblici, randagismo e prevenzione delle epidemie

Questo protocollo crea così due problemi: da una parte facilita la diffusione di malattie e dall’altra impedisce di avere una popolazione stabile di cani vaganti, ma controllati.

Capita infatti che i cittadini riescano a reclamare alcuni dei cani catturati e che, dopo il pagamento di una salata multa, riescano a riportarli a casa. Molti di loro tornano così sul territorio patologie più o meno gravi contratte nei canili.

La mancanza di una popolazione stabile di randagi, poi, non vanifica solo le campagne di sterilizzazione portate avanti dalle associazioni locali, ma espone anche gli animali ad eventuali malattie portate da nuovi individui di cui non si conosce il passato clinico.

È chiaro quindi come unendo questi due fattori si creino le condizioni perfette per la diffusione di virus e altri patogeni, mettendo inutilmente a rischio la salute di animali e persone.